Sono pochissime le culture in cui, mentre si mangia, si parla del cibo, si commentano i piatti come se si stesse scrivendo un articolo per una rivista di cucina, ci si scambia ricette, si discute sull’opportunità di mettere più aglio... In Italia questo avviene, in ogni tavola, e lo stesso succede per il vino, per l’aceto, l’olio – e perfino per l’acqua minerale, da qualche anno! Il piacere della tavola è anche un piacere dell’identità (“noi toscani non ci mettiamo l’aglio!”), delle proprie tradizioni familiari (“mia nonna usava solo cipolle rosse”), dell’accoppiamento raffinato (“questo vino bianco è troppo profumato e copre il sapore del pesce”) – ma è soprattutto il piacere di parlare, tra le tante cose, del cibo e delle bevande: in altre parole, è a tavola che si tramanda di generazione in generazione la cultura del cibo. La cultura del cibo in Italia è il risultato di un contrasto storico: i celti, venuti dal Nord-Est dell’Europa, che hanno portato la cultura del maiale e del burro, che